L'angolo di Bertrando

Siamo solo bugie che attendono di essere svelate.

lunedì, febbraio 06, 2006

Match Point

Finalmente sono riuscito a vedere questo film. Tra pressione mediatica, recensioni e racconti di amici, stava diventando un’ossessione; a tal punto che non avessi più la minima curiosità: che palle, ne ho sentite talmente tante che potrei fare a meno di vederlo!
Ma ora che l’ho visto non posso non scrivere qualche commento personale nato sull’ondata emotiva della visione. Ciò che mi ha più sorpreso è la concreta discrepanza tra la mia opinione e quelle contenute in molte recensioni che ho letto, e non nego che ciò non può che essere un pregio per un film che a questo punto presenta molte chiavi di lettura, e non una sola, la più scontata ed evidente.

Match Point è un film sull’egoismo. L’amore, la passione, la scalata sociale, sono semplici espedienti per dargli forma. E’ egoista lui, l’uomo - finalmente una rappresentazione non ipocrita (ma ugualmente stereotipata) del vero self-made man - il protagonista, il motore del racconto; egoista nella sua scalata sociale, nell’amore (?), nella passione. Egoista lei, la moglie, ossessionata dal desiderio di maternità, intesa come ulteriore prova di una promessa nella quale ormai in pochi riescono ancora a credere. Ed è egoista l’altra, l’amante – anche qui, il doppiaggio rende plasticoso e “puzzolente” di già visto il personaggio – provocatrice e poi preda, dilaniata internamente dalla sua stessa sfida che le sfugge di mano e la inchioda al destino più logico, finta donna e poi bambina capricciosa, incarnazione di passione e poi di morte. Mi trovo di fronte a tre egoismi differenti: l’egoismo consapevole del maschio (ma anche della femmina, ovvio) da big city life, l’egoismo infantile (e senza dubbio il più “tenero”) della moglie, e l’egoismo passionale, incontrollabile e per certi versi detestabile dell’amante. Niente di più.
Mi riesce difficile parlare d’amore, di passione, alla presenza di questo film che ne è pieno (e il sentimento è declinato in tutte le sue variabili), ma che allo stesso tempo ne svuota completamente il significato per renderlo semplicemente vettore di un altro messaggio, come vestito accattivante di un tema senza dubbio più noioso e meno cinematografico.
La metà (forse di più?) delle donne che erano presenti nella sala, cresciute ad Harmony, Orgoglio e Pregiudizio e Notting Hill – potrei scommetterci cento euro – si aspettava sicuramente che lui, l’egoista, rinsavitosi per l’amore di lei, la ragazzaccia, abbandonasse la moglie, la sua dorata vita, per affrontare la tortuosa strada dell’amore (po)vero. E invece no, il buon Woody dà un calcio allo stereotipo e sbalordisce tutto il genere femminile, restituendo lo scettro del potere al maschio, lasciandogli pur sempre addosso il mantello del vigliacco. Ma attenzione: la libertà passa attraverso la negazione di se stesso, o se non altro di una parte di sé. Uccido la mia amante, ma uccido ANCHE mio figlio. Per riavere completo controllo di una parte di me, uccido una parte di me. Il protagonista è continuamente shakerato in un turbine di privazioni, purgatorio indispensabile per raggiungere l’apoteosi dei suoi inconsci progetti. Chi si priva di una parte di sé non è un vigliacco. (Per favore, prendi questa affermazione con le pinze e dalle il giusto valore - esagerato, ipertrofico - in relazione a quello che è un film).
E’ un film che parla del trionfo del calcolo sul sentimento. E lo stesso sentimeno è ridotto a calcolo. Forse perché è calcolo? E’ calcolo quando si decide di ammazzare l’amante per continuare a passare la propria vita con una persona che non si ama (o, semplicemente, si ama, ma per cui non si prova passione?), PER NON FARLA SOFFRIRE, per non spaccare quella bolla che contiene il suo sogno di felicità. Anche in questo caso ci si priva di un proprio sentimento (la passione) per qualcos’altro che ha sempre avuto importanza minore nella scala valoriale dei sentimenti (il voler bene o, ripeto, l’amare). Ovvio che per concordare con questo mio punto di vista non si deve concedere eccessivo peso alla storia della scalata sociale, cioè bisogna guardare la mano, non solo il dito.

Il film ha alcuni spunti interessanti, che provo ad elencare velocemente, consapevole che possano alimentare un minimo di – polemico? – dibattito.
Carina la trovata che spiazza lo spettatore. Il parallelo pallina da tennis-anello, uguale nel risultato ma diverso nella dinamica, è un espediente ben congegnato che, devo dire la verità, ha ingannato anche me: tutti abbiamo pensato che l’anello, simbolo della “fortuna”, che torna indietro, significasse “adesso lo blindano e se ne va in prigione, come merita un fedifrago arrampicatore sociale” (condito da apparizioni di fantasmi di suffragette che urlano “l’utero è mio e ne faccio quello che voglio io”). Torna indietro, ma lui si salva, perseguitato poi da quel senso di colpa che svanisce nell’ultima inquadratura, quando dall’alto il superuomo vede la città ai suoi piedi.
Come mi ha fatto notare l’amico Matteo, il film è intriso di inquadrature semicircolari. Cosa ci vedo io? Ci vedo l’ossessionato e timoroso gesto che fa chi ha (o fa) l’amante: guardarsi intorno, ovviamente per non scorgere MAI nulla, ma amplificando semplicemente la propria paura. Bella Woody!
Interessante è il continuo riferimento alla musica lirica, e al teatro in generale, per due motivi. Per prima cosa, la cultura – chiamiamola così – teatrale è ciò che unisce due mondi completamente diversi: da un lato quello del ragazzo di campagna, romantico rappresentante del sogno di autorealizzazione, dall’altro quello della famiglia ricca dalle vecchie abitudini aristocratiche. La cultura come limite tra l’affascinante e il bigotto, e tra il povero e il ricco. E all’interno del film si consuma lo scontro cinema-teatro, attraverso l’osteggiare l’attrice squattrinata con poco futuro davanti e l’ostentare continuamente lo spettacolo teatrale.

E ora passiamo alle note che non mi sono piaciute.
Innanzitutto, la caratterizzazione dei personaggi, le loro storie e il loro vissuto: siamo stufi di vedere il povero che sogna di diventare ricco ma capisce che il mondo dei ricchi non fa per lui e alla fine il suo stato di natura salta fuori e si innamora della ragazza povera. E allo stesso modo siamo stufi di vedere nell’alternatività (!) il vettore della passione travolgente, come se bastassero una sigaretta, un bicchiere di troppo e una professione artistica per “farcelo rizzare” (scusatemi il termine). E siamo stufi della continua opposizione città-campagna, capoluogo-provincia, Inghilterra high profile-USA low profile. BASTA!
Ci sono sequenze ridicole, poi. Quella del ping pong su tutte: tipica rappresentazione del Ken che arriva con un taglio di capelli ridicolo, ma basta un colpo di vigoria fisica per far “bagnare” (anche qui mi scuso!) la Barbie che perde dal volto in un decimo di secondo tutta l’odiosa femminil spocchia. Che senso ha poi la sequenza nella quale Lui incontra il suo vecchio amico tennista e gli racconta della sua arrampicata sociale? C’era bisogno di dirlo, nel film? Stucchevole l’amplesso nel campo di grano, luogo d’incontro di due anime ribelli (e dove volevate che lo facessero?!).
A proposito. Prima dell’amplesso lui cercava disperatamente un libro (non mi ricordo di chi, mi pare fosse un libretto d’opera), e il dialogo sottolinea di rosso questa ricerca: beh, l’ha trovato? Non l’ha trovato? Chi l’ha preso? E’ un’appunto “menoso”, ma mi ha colpito come un piccolo spillo, tant’è che in tutte le sequenze successive ho cercato disperatamente un indizio (fino a credere che il libro che lui al tempo cercava fosse lo stesso che l’ispettore di polizia estrae dalla di plastica per le indagini) senza trovarlo.
Bruttissima la voce di doppiaggio di lei. Troppo aggressiva, trascinata, da teenager in crisi ormonale.
L’orecchio destro del protagonista ha una forma stranissima, fa troppo ridere! E poi, in tema di orecchie, Scarlett Johansson ha l’orecchio destro attaccato molto più in basso rispetto al sinistro! Guardare per credere!

Insomma, mi è piaciuto o non mi è piaciuto il film? Non te lo so dire. Certo è che se ho scritto tutte queste boiate vuol dire che qualcosa mi ha lasciato. Non sostituirà Godzilla nella lista dei miei must, ma nemmeno Barry Lindon all’ultimo posto della classifica. Lo metto in purgatorio, va bene?


Intanto imbraccio il fucile. Due brevi fruscii. BUM! Primo colpo: il proiettile manca il piattello. BUM! Un secondo colpo, e anche con questo lo manco. Il piattello si disintegra per terra. “Con un po’ di allenamento diventerai un buon cacciatore di pernici”. Lo so. So che quando ne avrò bisogno non mancherò il bersaglio. BUM.

11 Comments:

Anonymous Anonimo said...

il vettore della passione travolgente, come se bastassero una sigaretta, un bicchiere di troppo e una professione artistica per “farcelo rizzare”--------->sinceramente credo che la cosa che lo possa far rizzare sia lei, nn tanto la sigaretta o il bicchiere di troppo.Credo che il dialogo al pub tra loro due sia una delle scene piu' erotiche che io abbia mai visto in un film (che nn sia porno, s'intende).Lo so, io sono di parte perché invasato dalla bellezza della Johansson...
Per quanto riguarda il doppiaggio sono d'accordo con te (infatti ieri te l'ho detto).
Il film a me é piaciuto tutto sommato anche se lo credevo diverso (nn so se sia un bene o un male)

2/06/2006 9:33 PM  
Blogger Bertrando da Nolle said...

Erotica quanto vuoi, però dai, non puoi negare che il personaggio rive gauche interpretato da lei non sia un po' "il solito". (appunto cioè quello che ci si aspetta normalmente in una storia così).

Secondo me Woody non sa nemmeno lui dove è arrivato..voleva fare qualcosa, ma in corsa ha cambiato ed è arrivato ad un altro risultato..

Aggiungo un'altra cosa: in tutto il film i personaggi non sono mai del tutto buoni o del tutto cattivi. Anche la moglie di lui, per quanto la meno "colpevole" presenta cmq tratti negativi. Quindi evitata la stucchevolezza. E la morale. Sì, questo mi è piaciuto!


PS: preferivo il nick Ibracadabra..:P

2/06/2006 10:13 PM  
Anonymous Anonimo said...

woah che rigurgitone di idee!

Bella critica, solo avrei scommesso che avresti scritto qualcosa anche sulla camminata da bambolina mongoloide di lei! troppo sfigata! :)

personalmente poi più che l'egoismo (quello è di tutti..) di lui mi ha stupìto la freddezza. Più integerrimo di un Polaretto Dolphin in primavera! Veramente interessante.

Cmq, con tutto quello che s'era detto, letto, visto, sentito, atteso, svelato, il fatto che si stia ancora qua a discutere delle orecchie storte della bella Scarlett (e di tutto il resto) non può che confermare la mia convinzione: questo film è un capolavoro.

2/07/2006 10:20 PM  
Blogger Bertrando da Nolle said...

Nonno...scusami ma non concordo! Essere freddi non significa assecondare una passione travolgente, non significa farsi prendere da una crisi di panico prima (fucile che non si chiude) e dopo un omicidio, non significa mettere al mondo un bambino con un'altra persona!

Io vedo un uomo con un progetto, ma in quanto UOMO, banderuola nel vento delle emozioni; uomo non freddo, ma calcolatore, che trova la soluzione più "facile" (?) per il completamento di quello che agli occhi di tutti può sembrare un "piano"...

Capolavoro? Boh, dipende dai punti di vista. Se non altro un film non immediato..e ripeto: buono il "messaggio", migliorabile il "vettore"...

A meno che le orecchie storte di Scarlett siano un trucco cinematografico appositamente creato per significare qualcosa nel film: allora sì che diventerebbe un capolavoro!

:P

2/08/2006 9:19 AM  
Anonymous Anonimo said...

secondo me vogliono insinuarci qualche sottile e inconscio dubbio esistenziale...tipo: meglio amare o essere amati? a Marzullo la risposta.

ps: hai ragione sul travolgimento pasinario, ma per come la vedo io ammazzare l'amante e poi tornare a fare una vita normale con la moglie è freddezza! il giorno che lo ritenessi "ordinaria amministrazione" di un essere dotato di libero arbitrio, probabilmente sarei già ammanettato... ;)

2/08/2006 8:10 PM  
Blogger Bertrando da Nolle said...

Ammazzare l'amante e tornare con la moglie non è freddezza: si parla cmq di omicidio! E' azione dovuto a disperazione o, forse, evidenza di errore.

Il dilemma è semmai un altro: è o non è il superuomo di Dostoevskij?

Per me, NO.

cmq è meglio amare. se sei amato e tu non ami, sei in gabbia. o meglio, in un tie-break infinito.

2/08/2006 10:25 PM  
Anonymous Anonimo said...

se sei amato e tu nn ami sei in gabbia?!

Ma quando mai so'!Nn diciamo minchiate per favore...

In gabbia é chi é innamorato perché dipende da altre cose, da altre persone e nn solo da se stesso.

2/08/2006 11:28 PM  
Blogger Bertrando da Nolle said...

Beh, dopotutto se la moglie di lui non l'avesse amato il film sarebbe andato in un altro modo...

se il rapporto fosse stato "economico" per entrambi, intendo...

c'è da capire poi se intendiamo nel film la "gabbia" in cui lui è chiuso come una gabbia sociale (gorilla in un ambiente che non gli si confà ma nel quale è necessario vivere) o affettiva (le voglio bene, forse la amo, però non provo passione, mi trovo l'amante, però non voglio fare del male a mia moglie)...

Se non è una gabbia questa...

Poi sono il primo ad ingabbiarsi quando la situazione è inversa, ma in riferimento al film, non posso che pensarla così!

:P

2/09/2006 8:47 AM  
Blogger Bertrando da Nolle said...

Se non ci avessi creduto, non lo avrei scritto.

Se non l'avessi pensato, non l'avrei creduto.

Se non l'avessi vissuto, non l'avrei pensato.


Lineare, come una pallina che va al di là della rete: vorrei che non fosse così, MA E' così.

E non puoi fare altro che adeguarti, ammorbidire il polso sperando che la tua volèe non venga frantumata dallo smash dell'avversario.

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