L'angolo di Bertrando

Siamo solo bugie che attendono di essere svelate.

giovedì, gennaio 19, 2006

Voglia di parole (e non solo - non soli)

Ogni giorno mia mamma torna a casa dal lavoro verso le diciotto e quindici, minuto più minuto meno. Quando suona il citofono solitamente mi mancano quattrocinque pagine da sottolineare per completare il mio percorso di avvicinamento all’esame. Droooon. Che rumore della fava! Mi alzo, chi è?, ok, bottone. Per due. Logicamente poi vado alla porta, compiendo movimenti da C1P8 (meccanici), con la testa ancora nella mia cameretta, fra quelle pallose – ma utili! – righe. “Ciao batuffolo! Ciaoooooo!”. Si saluta prima il cane di me, ma ci sta tutto, perché comunque è l’essere vivente che è sempre più prossimo alla porta ogni volta che qualcuno poggia piede sul pianerottolo. “Ciao Pop, come va?”. Ma’, senti, mi mancano quattro pagine, vado a finire. “Sì sì, vai, vai”, connotando col tono della voce una sincera preoccupazione per quel benemaledetto voto che verrà stampato sul libretto. Sì, ma…non è che sia uno studies addicted. A me interessa il DOPO. Mi alzo alle otto, studio tutto il giorno ad esclusione di due pause-cane e una pranzo, e non vedo l’ora di aprire le mail, imbracciare la chitarra, sistemare le foto, scrivere qualcosa per questo bloggino; insomma, fare tutto quello che non si può fare mentre si è chini sui libri.
Inforco il lettore mp3 – un minimo di scusa in caso di interpellazione dovrei averla, no? – prendo la matita e leggo tre righe. So di non aver speranze, so che fra pochi secondi… Sento un brusio, e non è la cattiva qualità dell’mp3 scaricato ieri…”C’è un po’ di confusione in questa stanzetta…”. Eh? Scusami ma ho le cuffie (e ne tolgo solo una). “Dicevo…c’è confusione qui dentro, ma come fai a vivere nel disordine?”. E vabbè, ma’, vedo solo il libro durante il giorno! “Oggi mi sono comprata una camicetta, ti piace? Dai, è moderna!”. Sì, ma’, bella. “Ah, e sai che hanno riparato il cappottino di Starsky?”. Eh eh…adesso chissà come cucca! Riinforco le cuffie. Maybe when your hair gets darker, maybe when your eyes get wi—“Lo sai che ieri c’era un cucciolo di pastore tedesco abbandonato in area cani?”. Eh?! “Portiamo a casa un fratellino al Nibi (è il soprannome, uno dei tanti, che ho dato al mio cane)?”
E cominciamo a chiacchierare. A frasi sconnesse, di niente, in confidenza. Ogni sera allo stesso modo. E ogni sera con la stessa leggerezza e semplicità. E’ come se entrambi aspettassimo la stessa cosa da otto ore.
Stranissimo. Sì, stranissimo essere sballottato tra due pulsioni opposte: da un lato il desiderio di finire un impegno, di completare l’opera, dall’altro la voglia di aprire la mia bocca che rimane chiusa ad eccezione di due cazzate dette al cane e qualche finto scream cantato su canzoni che adoro. Quando ho sentito il citofono, ho pensato cavolo, proprio ora? Devo finire! Ma poi – e il tutto avviene con naturalezza, senza preavviso, senza controllo – mi ritrovo in una discussione fondamentalmente centrata sul vuoto, che non arricchisce né me, né mia madre. Eppure è un momento di cui, ora come ora, non posso fare a meno.
Se mia ma’ sapesse che quelle quattro pagine sono ancora lì da fare, molto probabilmente si metterebbe dello scotch sulla bocca pur di lasciarmi in pace, di farmi finire. Ma io non gliel’ho detto, io VOGLIO CHE SIA COSI’. Perché abbiamo entrambi bisogno di parlare l’uno all’altra, e in una famiglia di quattro persone questi pochi minuti sono l’unico spazio che abbiamo a disposizione. E non si parla mai di problemi – per quanto le lacrime in tempi non sospetti abbiano espletato il loro dovere di manifestazione di disagio, per entrambi – ma del perfetto nulla. Cioè di quello di cui si vorrebbe parlare dopo ore di ufficio, o sui libri.
Poi gliela leggo negli occhi, quella voglia di essere ascoltata. Ma è davvero così alienante ed individualista il mondo del lavoro? Sei davvero così solo davanti a quelle scartoffie e a quello schermo di PC? Evidentemente lo è mia ma’. O forse, mi vuol così tanto bene che non vede l’ora – ancora! – di vedermi, di chiedermi com’è andata la giornata, di farmi le menate perché la stanza è in disordine. La risposta sta nell’amalgama delle due motivazioni.
So che sta sicuramente nel rapporto speciale che lega me con chi mi ha messo al mondo. E mentre sto scrivendo queste righe, lei è in cucina che fa da mangiare, in silenzio, ma è come se mi chiamasse col pensiero, incuriosita chissà da che cosa. Le devo raccontare ancora un po’ di cose e so che lei è l’unica persona che mi ascolta, perché in qualunque momento HA DESIDERIO DI ASCOLTARMI. Come dovrebbe fare la donna della mia vita. Se c’è. Fiero di essere mammone.