L'angolo di Bertrando

Siamo solo bugie che attendono di essere svelate.

lunedì, settembre 17, 2007

Giro di boa

Sei mesi.
Son sei mesi che volo a 5 metri da terra.
Che il mio cuore batte per qualcuno. Forte. Bum. Bum. Che mi sento vivo. Che ho qualcosa da perdere. Che ho progetti, sogni. Aspirazioni da "grande".
Son sei mesi che non ho più paura di nulla e di nessuno.
Sei mesi di lucidità e chiara fiducia nei miei mezzi. Da sei mesi la mia vita è cambiata, è vivida, proiettata in un vortice spazio-temporale inarrestabile e tremendamente affascinante.
Sei mesi fa credo di aver trovato ciò che ho sempre cercato. Casualmente. O forse no.
Sei mesi fa il destino ci ha messo lo zampino, MySpace ha fatto da tramite. Sono sei mesi che amo, e non ho paura di farlo.
Sono sei mesi che cerco le parole per ringraziarti, i gesti per farti sentire importante quanto meriti. E sento che posso fare di più, sempre, ogni mattino che il mio piede tocca la terra e mi fa capire che oggi è un giorno in più da viverti. Un regalo del cielo.
Sono sei mesi preludio di altri sei. E di altri sei ancora. Di sei alla terza, alla sesta, alla dodicesima. La luce là in fondo non è più abbagliante. E' una mano sicura che mi trascina verso sè.

Sei mesi per cui non bastano le parole.

Ti amo.

mercoledì, giugno 20, 2007

Il Bravo Giovine e L'Energia Elettrica

Due pensieri in uno oggi. Eh già, passare tre ore davanti ad un ambulatorio insieme a ultra ottantenni afflitti da ogni tipo di disastro fisico mi ha un po’ segnato. Mi ero portato pure i libri di economia per l’esame imminente, ma ho letto sì e no quaranta pagine. Poi ho fatto altro. Pensato a Lei. Pensato a me. Pensato alle stronzate che tra poco leggerete.

Il Bravo Giovine
A chi giova, al giorno d’oggi, essere un Bravo Giovine? Viviamo in un mondo che perdona ed è pronto a calare le braghe davanti alla rinascita del Cattivo Giovine, mentre voliamo indifferenti sulla costanza d’impegno e di corretta cadenza di vita. Oggi come oggi, ahimè, siamo di fronte ad una meritocrazia pronta a cancellare il passato, accecata dal fulgore di un successo attuale.
Un Bravo Giovine deve esserlo sempre. Se nasci bravo, quadrato, educato, lo devi essere per sempre. Uno che vince non può perdere. Uno che vince sempre, dopo un po’ stanca. Se sei un Bravo Giovine, la gente che ti sta intorno pretende determinate cose da te: pretende tutto, subito, al massimo delle tue possibilità. Pretende il meglio. E non esiste che tu, Bravo Giovine, un giorno possa dire: “veramente…mi prenderei una pausa”. No, la mediocrità non ti è concessa. Ovvio, se non sei disposto ad accettare uno shampoo di sputi degli esseri umani che ti hanno sempre invidiato.
Oggi davvero conviene essere il Cattivo Giovine Redento. Colui che, dopo un passato da malnato, inzigatore, da balordo, intravede la Via di Damasco e vi si infila col suo Ducati Monster, stravolgendo la sua vita e gli occhi esterrefatti di chi gli sta intorno. E’ un po’ la sindrome del film americano, la sceneggiatura vista milioni di volte: il reietto che salva il mondo, nonostante gli ostacoli oppostigli dagli uomini-etichetta. Il trionfo della pena educativa, del metodo educativo Montessori, del metodo Beccarla. Se il Cattivo Giovine Redento batte il Bravo Giovine Vincente, le lodi sono sperticate. Red carpet e palloncini. Se il Bravo Giovine Vincente batte il Cattivo Giovine Redento, lo si bacchetta per avergli inflitto un’umiliazione, lo si taccia di noiosa superiorità, lo si passa come normalità.
Normalità appunto. Io la trovo così eccezionale.

L’Energia Elettrica
Io so una cosa, ormai: la Terra è in pericolo. Perché l’essere umano è come un cancro che la sta mangiando piano piano. Fa caldissimo, le mezze stagioni non esistono più, si sciolgono i ghiacci, muoiono gli orsi polari e le foreste si stanno riducendo come la terra soffrisse di alopecia. La colpa è dell’uomo. Del suo tanto amato petrolio, l’unico oro che non è di colore dorato. Le macchine vanno a petrolio, i riscaldamenti a petrolio, le fabbriche a petrolio. E tutto quel petrolio si trasforma in gas di scarico, CO2 e chi più ne ha più ne metta, che va a contribuire al mezzo con cui la Terra sta cercando di eliminarci, l’indice della sua malattia, la sua febbre: l’Effetto Serra.
Non usiamo più il petrolio e i suoi derivati. Ci sto! Mi compro la macchina elettrica, costruirò la prima azienda in Italia funzionante a pannelli solari, e addirittura non fumerò più i miei amati sigari: voglio un’aria pulita!
Pulita come la “fonte d’energia del futuro”, la velocissima Energia Elettrica. Convertire ciò che va a petrolio in energia elettrica è il sogno di ogni ambientalista, da Legambiente a Greenpeace.
E allora…perché il telegiornale mi informa di tutti questi blackout? Del rischio di non arrivare a metà estate con l’energia disponibile? Il paradosso è assurdo: io voglio usare energia pulita, ma NON POSSO farlo, perché manca. Ok, miliardi persone usano i condizionatori quando potrebbero farne a meno ma…è così che il Mondo vuole fronteggiare una sfida così importante? Tutti pronti a fare lodi sperticate a chi usa l’energia pulita ma poi, quando ne ha bisogno il piccolo cittadino, non ce n’è?
Mi chiedo solo dove stia la verità: non ce n’è veramente quasi più, oppure chi la eroga sta cercando di farla diventare un bene di lusso, esattamente come il petrolio, in virtù della sua scarsità? Siamo in emergenza vera, o è un semplice modo per giustificare un futuro aumento dei prezzi?
Per mettermi il cuore in pace, vado sul sito dell’ENI e leggo i consigli per consumare meno e meglio. Interessanti, obiettivamente, ma non rispondono alla mia domanda. Così io mi sento preso per i fondelli un po’ da tutti.


Piccola aggiunta. L’elettricità, “energia pulita”, così pulita non lo è. Perché si sporca PRIMA di diventare energia “pulita”. Guardate le condizioni dei nostri fiumi e dei nostri torrenti. Il prelevamento idrico per agricoltura è SOLO UNA delle cause della loro portata sempre più stringata. Guardate i corsi dei fiumi modificati per costruire dighe e centrali idroelettriche, potenti torrenti ridotti a lacrime tra lisce rocce. Guardate la sofferenza dell’ittiofauna davanti alle macchine umane. Guardate come stonano quelle mura nere nei dorsi delle valli: non le ha messe lì la Natura.

lunedì, giugno 11, 2007

L'esame

Tre del pomeriggio. Esame di Linguistica Italiana.
Caldo infernale.
Ripasso. Con nervosismo.
Un fondoschiena si poggia sulla sedia davanti. L’aria è calda, fastidiosa.
Sensazione di muscoli che si torcono. “Ah, ma c’erano anche dei testi da fare?!”
Perplessità. Nervosismo. Massimo sforzo per mantenere self control.
“Scusami, non è che mi fai dare un’occhiata?”.
Li sto leggendo.
E usa il condizionale.
Toh, tienili.
Fiero di non essere come te.
Fiero di sapere cos’è il rispetto.
Fiero di andare all’università per il sapere.
Da quando è diventata scuola dell’obbligo?
Perplessità.

venerdì, maggio 25, 2007

Detto Venda

"In casa del codardo non ci sono lacrime".

giovedì, maggio 24, 2007

Sogno

Ho sognato un volto solcato da lacrime.
Riso o pianto?

Che meraviglia, l'uomo!

mercoledì, maggio 16, 2007

Riflessioni a mente calda

“Da un giorno e mezzo le rive di questo corso d’acqua olivastro sono la mia casa, un piccolo spazio ritagliato tra centinaia di fili d’erba e condiviso come porto sicuro con milioni di animali. Come piace a me. Come piace a noi.

Steso sulla mia reclinabile, guardo il luminosissimo gettone rosso che si getta nel jukebox della linea dell’orizzonte, così diversa dalle solite che siamo abituati a vedere. Nessuna montagna ci preclude lo sguardo, nessun albero ci rende difficoltosa la vista di quello che c’è di là: l’infinito è davanti ai nostri occhi. Ha i colori del rosa che sfuma nell’azzurro, del giallo che sfuma nel verde fresco primavera. Come sto bene, ora che sto bene. Chissà cosa pensano i miei amici in questo momento, dopo avermi visto ridotto al lumicino fino a 2 mesi fa: tre persone care perse in tre mesi, rapporti problematici con vecchie fiamme, infortuni di gioco che mi hanno piegato ma non messo ko (sono questi gli infortuni peggiori: sempre sul limbo tra il fare e il non fare!), un rush assurdo per recuperare il tempo perso all’università dopo 6 inutili mesi “lavoro” (stage non pagato). E, proprio al Carpitaly, un leggero prurito dato dalla confusione o forse dalla leggera paura di essermi stancato di una passione che mi è sempre più difficile praticare, per motivi contingenti a me, e molto spesso per colpa di altri individui che non meritano rispetto.

In fiera un carpista mi disse “non pensare nemmeno di lasciare la pesca, perché sarà proprio la pesca che ti salverà. Sarà il tuo spazio, il mondo in cui sei solo tu, con la tua voglia di vivere sensazioni uniche”. E aveva ragione.

La voce di Giacomo è un suono di sottofondo alla profondità dei miei pensieri. Rispondo senza guardarlo, meccanicamente. Ma è proprio grazie a questo suono se posso pensare alla caratura dell’Amico che ho di fianco: una delle persone più generose che abbia mai conosciuto, un ragazzo con grandi qualità. Sapete, molti vedono la pesca come qualcosa di estraneo alla vita di tutti i giorni, il socio di pesca come una persona che va al di là di quelli che sono i problemi personali. Qualcuno con cui parlare di carpe, donne e cibo, dimenticando tutto ciò che c’è intorno. Eppure Giacomo mi ha insegnato tanto, nel modo di affrontare una sessione e soprattutto nel modo di affrontare tutti i problemi che mi sono trovato davanti. Giacomo è uno che non ha paura, che affronta tutto ciò che fa con i piedi per terra; non vola, e nemmeno si schianta al suolo nelle cadute. E, soprattutto, è paziente. C’era il 23 Dicembre 2005, a darmi forza con i suoi calci nel sedere sulle rive di Pusiano, alla fine di una storia tormentata con la ragazza che amavo; c’era la notte del 5 novembre 2006 quando, mentre in canna avevo il mio record personale, un mio amico si spegneva dopo una lunga lotta. E ha sempre trovato la parola giusta, ha saputo esserci senza essere invadente. Ha saputo capire come mi sentissi, io che in 24 anni di vita non ero mai stato ad un funerale. E allora mi sovviene l’esempio dell’elicottero, la stupida domanda: “ma come fa a stare in aria un elicottero?”. E lui, come se fosse un papà paziente, che mi spiega il meccanismo. Proprio a me, umanista! Quante volte me l’ha detto…Sorrido, e mi giro per cercarlo. Lui è lì che mi guarda, capisce che io sono esattamente in uno dei momenti emozionali di cui vivo, di cui non posso fare a meno. E capisce.

“Basta con ‘sto cellulare, dille che la ami e pensa alla sessione!”, e la vibrazione soffocata del cellulare sul secchiello blu. E’ lei. Ci frequentiamo da pochi mesi e basta, ma mi ha dato quanto nessuna mi abbia mai dato prima. Se sono così sereno è anche (soprattutto) merito suo. Sembrerà strano, ma anche se son lontano da casa, siamo più vicini. La amo perché apprezza la semplicità, lo sguardo gettato all’infinito su una pioggia di stelle, perché sa che cosa significa ogni volta essere per me su uno specchio d’acqua. Perché non è invadente, e non pretende di sostituirsi a ciò che fa già parte della mia vita come colonna portante. La amo perché ama i miei limiti, perché capisce che un difetto non è una sconfitta, ma il riconoscimento della particolarità di una persona. La amo perché è la prima che mi ha detto “mi piacerebbe venire un giorno con te a pescare, ma so che è una cosa tua, se non vuoi non ci sono problemi”. E proprio questa volta, sì, proprio questa in cui il mio cuore rotola appesantito dalle delusioni passate e fatica a lasciarsi andare, non ho paura di essere tradito di nuovo. Ho il coraggio di credere che sono qualcuno per qualcuno, consapevole che io ho qualcosa che nessuno mai potrà portarmi via.

Come l’Amore, qualcosa di molto forte inizia per A: l’Amicizia. Chi sono io per quelle persone che mi vengono a trovare ogni volta a pesca? Perché lo fanno? E soprattutto, perché lo faccio io? Incredibile come tutta questa passione chiamata carpfishing sappia legarci. Arriva un ragazzo che conosco solo per i suoi interventi su uno strumento virtuale chiamato CARPE DIEM, eppure mi sembra di conoscerlo da una vita. Una birra, due fette di salame, e i soliti argomenti. E poi i progetti futuri: “se capiti a Viverone o a Pusiano chiamaci, eh?…Dai organizziamo una sessione, magari questo autunno”. E’ in casi come questi che ti rendi conto di come ci siano persone come te, che vogliono vivere la stessa cosa con semplicità, purezza, e passione. Sono lì, basta non mandarle via. Non tutti vogliono fregarti la postazione pasturata, anzi. Forse cercano persone vere, e per capirlo basta uno sguardo… Lo sguardo che hanno gli amici di vecchia data, quelli che non appena sanno che sei dalle loro parti fanno di tutto per venirti a trovare un pomeriggio. Quelli che ti telefonano ad ogni ora, che ti mandano i messaggi di incoraggiamento e che ti chiedono ogni giorno come sta andando. Le persone che sono lì con te anche quando non sono lì fisicamente. Penso a tutti quelli che mi vogliono bene e a quanti sono, e a quanto sono stupido, ogni volta che le cose vanno male, a pensare di non avere nessuno che mi meriti intorno. Sì, sono davvero uno stupido…

“…non pensare nemmeno di lasciare la pesca, perché sarà proprio la pesca che ti salverà. Sarà il tuo spazio, il mondo in cui sei solo tu, con la tua voglia di vivere sensazioni uniche…”…sulla sponda opposta, la base delle cannelle è scossa dal rollare di una Regina di Ostellato, una delle tante sorelle di colei che stamattina mi ha reso felice. Ritorno quindi sulla terra, a respirare quel leggero vento che rinfresca la nostra pelle arsa dal sole, ma non stacco la mente: questa volta deve rimanere lì, ammanettata ad tutto ciò che di bello la mia vita e le persone che le sono tangenti sanno darmi.

Cerco una bottiglia d’acqua e, stappandola, guardo Giacomo. “Mi sa che prima di andare a letto rilancio le canne…se i terminali sono ingarbugliati?!”. Contrariamente al solito, il mio socio questa volta non risponde e sorride: sa che sono appena tornato da un lungo viaggio”.

domenica, aprile 29, 2007

All'inseguimento di un futuro

Mi sono sempre chiesto cosa farò da grande. Molto meno di altri, ma l’ho sempre fatto anch’io.
Mi sono sempre chiesto se avessi vissuto a sufficienza quello che la mia vita potesse offrirmi, sia in termini di tempo che di opportunità.
Alla prima domanda, ho sempre trovato risposte nebulose, dai confini indefiniti, e soprattutto non dipendenti integralmente da me in quanto ragazzo con ambizioni; alla seconda, la risposta è una sola: NO.
Oggi ho ricevuto una notizia di cui preferisco non parlare, perché non tocca indirettamente me e la mia famiglia, ma nostri conoscenti. Una famiglia come la mia, appunto.
Ed è tutto oggi che mi chiedo se davvero vale la pena farsi male le spalle e la schiena per crearsi un futuro, quando questo futuro potrebbe non arrivare mai. Quanto vale il nostro sacrificio odierno per qualcosa che non vivremo, in certi casi, mai? A che ci giova mettere da parte passioni, interessi, relazioni, successi e delusioni, quando le possibilità di realizzarsi sono al 50%? Perché farsi il sangue amaro su decisioni odierne, che si ipertrofizzano solamente perché tutti ci dicono che “dobbiamo costruirci un futuro”, quando la mano di Dio, la mano del Diavolo, la mano incauta di un umano come noi, potrebbe cancellare ogni nostro risultato, ogni nostro sogno? Perché rinunciare ad una parte di sé finchè si è forti e sani, per poi rimpiangere ciò che non si è fatto quando non si potrà più farlo?
Io sono uno di quelli che parecchie cose non le ha fatte, ma avrebbe voluto farle. Cose che ora non posso fare più.
E’ il momento del rimpianto.
Ma sono anche uno di quelli che da qualche tempo a questa parte sta prendendo tutto il bello che arriva dalla sua vita, dalle persone che ama e che lo amano, come qualcosa di odierno, da succhiare, da abbracciare, da vivere OGGI.
Che ne sarà di noi, non ci è dato saperlo.
Che ne è di noi, è l’unico appiglio che abbiamo per vivere senza rimpianti.
Quindi forza, coraggio: tu puoi, molti non possono. Ahimè, non potranno.