L'angolo di Bertrando

Siamo solo bugie che attendono di essere svelate.

giovedì, dicembre 08, 2005

Al centro commerciale

Sono appena tornato dal Carrefour. Oggi toccava a me la spesa per la family. Ebbene, mi son divertito un mondo. No, niente di eccezionale, ma grasse risate nel vedere la gente che c’era intorno a me. A Natale i centri commerciali diventano come la Rai: di tutto, di più. Trovi tutti i tipi di prodotto – incredibile lo stendino elettrico che asciuga i panni...mi chiedo come, dove e quanto, visto che le uniche parti riscaldate sono le barrette su cui si poggiano i panni – tutti i tipi di venditore – dal giangi ultra-accessoriato di 3, al piacione che cerca di venderti il depuratore d’acqua per il lavandino, alla super-figona gonnata che cerca di spacciarti il caffè discount come il migliore della Colombia – tutti i tipi di acquirente, uomo, donna, bambino, o vecchio.
Quando entri in un centro commerciale sotto Natale, la cosa che ti stupisce subito è la confusione. Prima di tutto ambientale, perché ci sono luci lucine lucette che lampeggiano in ogni dove, schermi al plasma che trasmettono tutti la stessa trasmissione e ti rimbambiscono se appena appena cerchi di dargli uno sguardo d’insieme, festoni ed addobbi che spiovono dal soffitto, spuntano dagli scaffali, si materializzano davanti a te in cartonati delle più svariate dimensioni. Ti ritrovi Robbie Williams in formato più che naturale che ti dice di comprare il suo disco, allo stesso modo ti stupisci di quanto siano invecchiati i Pooh che cercano anche loro di elemosinare qualcosa. Confusione poi per le innumerevoli persone che il centro commerciale deve contenere. Intere famiglie – allargate – e coppiette a manetta. Tutti accalcati, schiacciati, concentrati per districarsi nella selva di offerte – ti assicuro che ci capisco davvero poco, sotto le feste ci sono sessantamila cartelloni che ti propongono di tutto, ai più svariati prezzi, e ti ritrovi a prendere un Pandoro Paluani e pagarlo quindici euro perché non ti accorgi di aver sbagliato cartellone dei prezzi – e poi tutti accalcati negli stessi reparti. Home-video, Hi-fi, computer, cellulari, libri, spazio bambini e spazio offerte: nessuno all’abbigliamento, agli alimentari, alle bevande. E ti chiedi: vivono di transistor? Scherzi a parte, non amo la folla – soprattutto dopo aver provato la Notte Bianca di Milano – ma, obbligato a far la spesa, mi son dovuto districare meglio che potevo. Sopportando che qualche carrello cozzasse con le mie già debilitate caviglie, che qualcuno nel reparto scuola mi “rubasse” da sottomano un block notes – l’unico! Possibile che sotto le feste per ogni prodotto le copie sugli scaffali si moltiplichino all’infinito (vedi i libri!) e quando ho bisogno di “quella” cosa, ci sia soltanto un pezzo??!! – e soprattutto qualche odore non proprio chaneliano di ascella. Dai, mi son divertito, e ho incontrato molta gente interessante.
Quelli che hanno fretta. Mi infilo nel reparto giochi per cercare qualche idea interessante per Capodanno. Scaffale giochi in scatola. “Vacca, quanto costano!”, penso, portandomi una mano sul portafoglio. Improvvisamente mi ritrovo sbattuto contro lo scaffale, a 4 centimentri da un 22,89 euro. “E che cazz…”. Dietro di me la classica sfida tra carrelli. Uno in un senso, uno nell’altro, ed è evidente che non possono passare insieme. Ma no, loro DEVONO passare tutti e due! Accelerano, si incrociano e, booom, stridio metallico. Si incastrano. Io sono fortunato, perché con la coda dell’occhio faccio in tempo a buttarmi contro lo scaffale ed evitare l’impatto su una natica. Il signore di fianco a me no, non si accorge di quello che sta accadendo e non fa in tempo ad aprir bocca che viene investito da un fiume di improperi. Inutile rispondere, perché spesse volte si tratta del classico brutus meridionalis infoiatus, specie molto aggressiva! Io qui mi chiedo: lo shopping non dovrebbe essere qualcosa di rilassante, un modo per passare una mattinata, un esercizio per scoprire novità ed offerte speciali? Non dovrebbe essere un momento aggregante? Ma che fretta hai?
Quelli che portano nel carrello qualcosa di ingombrante, talmente ingombrante che urtano contro tutti. Mi capita anche questo. Sono nel reparto scuola e sto cercando il famoso block notes. “Mi scusi signora, grazie…mi scusi, grazie…occhio signora, mi scusi…grazie, grazie”. Vedo un carrello che si muove da solo. O meglio, del conducente vedo solo una mano, tutto il resto è coperto da un enorme mobile di legno e da alcune mensole lunghe circa tre metri che spuntano dal esso tipo baionetta da un fucile. L’omino chiede scusa continuamente, ma continua ad urtare contro tutti e tutto. Impiegherà circa 5 minuti per fare 15 metri di reparto. Finchè trova quello che si incazza. “Ma si può andare in giro così!? E’ pericoloso per i bambini!”. “MA che cavolo vuole?! Pensi ai fatti suoi!”. Nervosetto pure lui. BAM! Giù un intero set di raccoglitori.
Quelli con due carrelli. Uno per la spesa, uno per i regali. E’ di solito il marito a gestirli. Uno spinto con la mano sinistra, in avanti, e uno trainato con la destra, dietro di sé. Anche qui, pioggia di “scusi” e incazzaturine. Fatto sta che rompono le scatole, ma credono di essere nel giusto.
Quelli coi passeggini. Li vedi con i nuovi passeggini SUV a rotellone da fuoristrada, si destreggiano tra persone e carrelli finchè non si trovano davanti ad un ingorgo, e si scocciano. Per capire che persone sono basta guardare le faccia allucinata dei loro bambini, che diventano gli airbag per i loro passeggini de luxe. Tipo l’autoscontro. Lasonil.
La famiglia allargata. Marito con carrello pieno che non ne può più, moglie lanciatissima – spesse volte con un’amica con cui si è data appuntamento in loco – che parla parla parla e acquista acquista acquista. La nonna invece cerca di attirare l’attenzione, vorrebbe un aiuto dalla figlia ma viene ignorata per un paio di pentole Mondial Casa. E i bambini. Quelli li odio. Di solito sono due o tre, uno grande e uno piccolo. Quello grande preme per andare in giro da solo, ai videogiochi, quello piccolo frigna perché vuole sedersi sul seggiolino del carrello ma non può perché lì ora c’è un panettone. E frigna, frigna, frigna, finchè la madre, dopo qualche sgridata poco convinta, se ne frega e cambia reparto. Il padre si mette le cuffie al reparto audio e ascolta un vecchio disco di Fausto Papetti. Resta solo la nonna, che si prende i calci sugli stinchi dal piccolo e si spacca la schiena tenendolo in braccio, mentre fa da sparring partner al grande che gioca a Pro Evolution Soccer. Dramma invece se i bambini sono dello stesso sesso e sono entrambi piccoli. E magari maleducatelli. Prendon tutto dagli scaffali, lo schiaffano per terra, ci giocano – caso più eclatante, settore sport, coi palloni da calcio - i genitori cercano in ogni modo di fermarli ma non ce la fanno e cercano di limitare i danni. Finchè uno dei due si fa male, e frigna. “Via, si va a casa, con voi non si può stare in giro”. Sciaf, ceffone sul deretano e tante altre frigne. Io da piccolo non ero così!
La coppietta che litiga. Di solito lei sta davanti, muso scuro e interessato più che ai prodotti a far incazzare il partner. Lui, che sa di aver ragione, fa finta di nulla e per conto suo spulcia qualcosa dagli scaffali ma non compra niente. “Ma scusa, perché devi fare così?”, cerca lui di attirare l’attenzione, maneggiando una palla d’albero di Natale. E lei: “ti ho detto di lasciarmi stare, sei odioso!”, braccia incrociate al petto e grugno da bambina viziata. La pallina ri-vola nel cestone e lui, “vabè..fai come ti pare, quando ti passa dimmelo”. Li ritrovi all’uscita mano nella mano, lei sorridente, lui pure.
L’eterno indeciso. E’ quello che ti ritrovi al banco salumi, nella sezione dedicata agli affettati imbustati. Tu vorresti semplicemente prendere una busta di prosciutto crudo, più o meno in testa hai già un’idea, o una marca o l’altra, di solito quella che costa meno. Ma non puoi, non ce la fai perché hai questo personaggio davanti. Occhiali ben inforcati, carrello alla sua destra o sinistra – sempre e comunque nella zona a cui tu sei interessato – concentrazione a livelli d’esame di maturità, prende ogni singola busta, di ogni singola marca e legge tutto quello che è possibile leggere. Poi confronta i prezzi, la “presenza” delle fette di prosciutto. Dopo dieci minuti è ancora lì, e la scelta si è ristretta a due prodotti. Legge il peso, guarda verso l’alto e fa un rapido calcolo. Decide: lascia lì entrambe le buste e dopo pochi metri prende un Negronetto da 300 grammi. Il tutto senza accorgersi di te. “Oh, mi scusi”. BAM, carrellata sul ginocchio.
Quelli che vanno alla cassa “10 pezzi” con 20 pezzi. Li vedi sempre decisi, sorridenti, facce di latta. Arrivano alla cassa, fanno la fila – sempre e comunque insultati da chi è dietro, soprattutto se la fila è talmente lunga da cominciare nel corridoio centrale del supermercato – e, quando è il loro momento, rovesciano una marea di prodotti sul nastro nero. La cassiera: “Questa è una cassa dieci pezzi, voi non potete venire qui con tutti questi prodotti!”. Di solito sono in coppia, ci pensa la donna: “Ma vede…abbiamo preso più pezzi di uno stesso prodotto in offerta, pensavamo contassero come un prodotto solo”. “Signora, sì, ma lì c’è scritto dieci pezzi, non prodotti”, risponde seccata la cassiera. “Oh, mi scusi, non abbiamo capito…certo che potreste essere più chiari”, con sicumera tale da meritarsi una DeFonseca in bocca. “Vabè, vi faccio il conto lo stesso”, risponde la cassiera, preoccupata di un eventuale reclamo. Pagano e se ne vanno, consapevoli di aver fregato ancora una volta noi poveri mortali che rispettiamo le regole. Una volta arrivati lì, infatti, chi poteva mandarli indietro? Sarebbe stata solo una perdita di tempo. Il cliente furbo ha sempre ragione.
Quelli che arrivano alla cassa, ma sul prodotto non c’è il codice a barre. Autentici creatori di code modello Salerno-Reggio Calabria. “Non c’è il codice; o lascia qua il prodotto, o ne prende un altro…”. “No, ok…caro, vai a prenderlo te?”, dice la donna rivolta al compagno che, già con le palle piene, non ha la minima idea del punto in cui ritrovare quel prodotto. Ma ci va, da buono zerbino, e ci mette una vita. Di solito tra i cinque e i dieci minuti. Nel frattempo gli inservienti portano da bere alle altre persone in coda, ci sono svenimenti e si creano nuovi flirt. Finalmente arriva. Sembra che abbia corso. In realtà se ne è andato in andatura beata per tutto il percorso, per accennare uno sprint non appena fosse stato in vista. “Scusatemi, non lo trovavo proprio”, ti dice sorridendo tipo il medico Mentadent. Ridi per finta anche te, ma perché compatisci la sua condizione di subalterno. “Guardi, questo codice a barre è sbagliato, indica un altro prodotto”. “Ma caro! Come si fa?”. Prende di peso la moglie, la sposta, e fa per uscire. “Le prendiamo la prossima volta”. Man power!
La lista non è finita; anzi, si arricchirà in questi giorni di feste e di regali. Per qualche giorno non ci sarò, via dal caos e dagli scaffali per immergermi nel gelo e nella natura. Ma son già preoccupato per il mio ritorno. “Mi accompagni a prendere i regali di Natale?”. “Sì ‘ma, dimmi te quando preferisci”.