L'angolo di Bertrando

Siamo solo bugie che attendono di essere svelate.

venerdì, novembre 11, 2005

Sedersi...per forza!

Mah, sono sempre più perplesso. Ogni giorno, sul treno per andare e tornare dall'Università, assisto a scene esilaranti, sotto certi aspetti sorprendenti, ma in fondo profondamente sconcertanti. Ecco quello che mi è successo oggi.
Finita la lezione in università, con un mal di testa pari a quello che aveva Ivan Drago dopo il cartone di Rocky Stallone, mi appropinquo in stazione per cogliere al volo il treno delle 13.23. Sbadam! Salto sulla carrozza con l'agilità di Vince Carter e noto con piacere che c'è ancora qualche posto libero. "Ah, lì ce ne sono due, mi infilo lì". Oggi ho proprio bisogno di spazio, perchè oltre alla tracolla ho anche un'altra borsa. Mi siedo, con gli Alexisonfire a palla nelle orecchie e comincio a sfogliare il Corriere. Fra una riga e l'altra ne approfitto per osservare i miei dirimpettai. E te pareva! Classica coppietta sweet sixteen, baci bacini baciotti palpatine e via andare! "Respira", mi dico. "DOpotutto capiterà anche a te"...prima o poi (sic!). Per evitare ulteriori pugnali frappongo tra me e loro, oltre al Corriere, Style, Trovo Casa, il vecchio piano di studi in busta trasparente e un cartonato pubblicitario di Elena Santarelli tenutomi via dal mio edicolante di fiducia. Resisto qualche minuto, se non fosse per le prime note del disco di James Blunt: ci risiamo! Rapidamente afferro il Packard Bell, schiaccio un tasto a caso e finalmente la musica cambia: sintonizzo la radio. Ora sì che si parte! Prima fermata. Gremita, il treno fa il tutto esaurito in due minuti. Tranne in due punti: alla mia sinistra, dove tengo la borsa, e nei sedili di destra, a fianco di un vecchio che mi ricorda di brutto il protagonista delle vignette, Eritreo Cazzulati. Non mi pongo alcun problema, anzi, col freddo che fa oggi più siamo più stiamo caldi! Alla seconda fermata, però, la situazione cambia. Evidentemente accorse dopo la falsa notizia che sul treno ci fossero Costantino e Kledi, centinaia di signore tra i cinquanta e i sessanta cicaleggiano sulla banchina in attesa del treno. Stoc! Uno studente apre la porta e, prima di riuscire a mettere fuori un piede dall'uscio, viene travolto dall'orda di barbare. Tutte rigorosamente gonnate al ginocchio, con capi che gli consentono una limitatissima mobilità articolare inferiore, fanno a gara a chi si attacca prima ai pali di sostegno del vagone. Il povero studentello, urtatane una per errore con un portachiavi dello zaino, viene travolto da un paio di improperi: "Maleducato! Voi giovani di oggi non avete più rispetto!". Appurato che il luogo comune non alberga solo in tv, mi preparo ad assistere all'invasione. A gruppi di 3-4, si lanciano nel corridoio centrale del vagone e, come salmoni in risalita in un fiume, guizzano di qua e di là, travolgendo borse, zaini, gomiti, un ombrello e calpestando un piede ad un povero invalido che non poteva piegare una gamba. Ad un certo punto, il silenzio. Il vagone si pietrifica. Rimuovo le mie protezioni e mi guardo intorno. In fondo al vagone, davanti a me, una donna tarchiata, capelli rossi, due occhiaie da paura, ha adocchiato il posto libero di fianco a me. Ha gli occhi di una tigre, sono quasi spaventato! Insieme a lei, altre tre tigrotte pronte a mordere. "Stiamo freschi! Meglio non provocarle", mi dico. Un suono poi attira la mia attenzione; proviene da dietro, dall'altro ingresso. Una donna mora, alta ma valchirieggiante, guarda dritta lo stesso punto delle sua consessuata rossa. Sbuffa. Occhi iniettati di sangue, narici che si allargano, caviglie che scoppiettano in attesa di fare trazione. E con lei, altre due amiche, target oriented, of course! In pochi decimi di secondo, ripongo il Corriere e mi infilo il giubbotto antiproiettile di 50 Cent trovato in omaggio dentro a Men's Health: la scena mi ricorda un western! Non ci sono le palle di fieno, ma l'odore di stalla e cadaveri sì... Ebbene partono, entrambi i gruppi di donne capeggiati dalle loro leader. La rossa con passo veloce, lo sguardo che ignora l'obiettivo ma scorge ogni movimento dell'avversaria e i tacchi delle scarpe che segnano il pavimento del treno. La mora con lunghi passi, lenti ma pesanti come i film di Murnau. "Se cozzano, qui muore qualcuno". Entrambe accelerano il passo quando son più vicine all'obiettivo, sento il calore dei loro corpi che denota nervosismo. I due giovani davanti a me, terrorizzati, si stringono la mano e mi chiedono se li posso sposare. "Mi spiace, ma non sono ancora prete!". Ora sono davvero vicine...oh mio Dio! Arrivano pari: mo chi si siede?! Io ho ancora la borsa sul sedile, mi son dimenticato di spostarla: ho paura! Anche loro la vedono, ed esitano. Fingono di parlare del più e del meno. Ma si scrutano, e scrutano me... Velocemente, e senza farmi notare, sposto la borsa. "Mi scusi, è libero lì?!". Le due leader mi chiedono NELLO STESSO MOMENTO, LA STESSA COSA. Io: "SI figuri! Certo!". La rossa si fionda dentro, è più leggera e più grintosa: ha vinto! In questo momento comincia il mio dramma. Sul treno c'è sempre più gente, i due gruppi di donne al centro del vagone non sono i soli. E ogni gruppo tende a portare avanti le proprie cose, i propri discorsi. E pressano. Piano piano le socie della rossa si avvicinano a lei, finchè non mi ritrovo il busto di una in fronte, praticamente davanti al mio sedile, tanto che non vedo più i miei dirimpettai. E così anche l'altra, che rimane un pochino fuori. A destra ho la valchiria, che è ancora incaz*ata nera e parla del suo mal di schiena, pressata com'è a sua volta dalle sue amiche, che a loro volta sono pressate da altra gente nel vagone. Moschino, DIor, Calvin Klein, Chanel, le mie narici ormai captano di tutto. Tutto mischiato, peggio dell' onion frenzy che si sente la mattina nel gruppo dei pendolari. Ogni mio senso è disorientato nella pressione del vagone. L'udito, che lotta nel captare la musica dal lettore mp3 disturbata dal chiacchiericcio delle sciure, il tatto, annullato nel sudore di due mani che si sono fuse nella borsa, la vista, ristretta ad un campo visivo di 30 gradi, l'odorato, stordito dai sapori, e il gusto, ormai annullato nella fame delle 13.30. Che inferno! Passano 5 minuti, ma sembrano mezz'ora. Una, due fermate, finalmente il vagone riesce a compensare e si libera un po'. RIvedo i miei dirimpettai, ancora più innamorati ma conciati come i protagonisti della Guerra dei Mondi, altri studenti come me che finalmente ritrovano il sorriso ed il vecchio Eritreo: granitico, rigido, imperiale. Fresco come il ghiaccio delle Alpi. E la sua borsa è ancora lì, su quel sedile rimasto vuoto. "Voi giovani d'oggi siete dei maleducati!". Guardo la borsa, e mi sembra che sorrida. "Te l'avevo detto di lasciarmi lì". Non ho mai sognato un luogo comune come oggi su quel treno.

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

due cosette:
1 - mi fa piacere scoprire che scrivi davvero bene. pittorico. sembra di essere li sul treno, di sudarti accanto..wow.
2 - quando qualcuno mi chiederà ancora perchè vado in macchina fino a Missori saprò cosa fargli leggere. liceo (5 anni), prima laurea (3 anni) e primo anno della specialistica (tot 9 -nove- anni) di treno. tutti i giorni, due volte al dì, sembra quasi una ricetta del medico.

ma gli psicofarmaci, io, non li voglio.

11/12/2005 4:53 PM  

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